Figli
UNICI: essere fratello di un fratello diversamente abile
Dott.ssa
Antonella Robortaccio (Presidente cooperativa solidarietà)
Dott.ssa
Rossella Perillo (Psicologa-Psicoterapeuta)
www.siblings.it/bibliografia/figliunici.doc
La
Cooperativa Solidarietà (www.solidarietacoop.it), da anni impegnata
sia nell’accompagnare minori e adulti affetti da disabilità nel
loro percorso di vita sia accanto alle famiglie dei diversamente
abili per sostenerle ed aiutarle nella crescita e nel percorso
riabilitativo ed educativo del proprio figlio, ha realizzato una
ricerca dal titolo “Figli
“unici”: essere fratello di un fratello diversamente abile”,
al fine di conoscere il ruolo e il punto di vista dei figli che sono
presenti in famiglia e quello dei genitori in relazione agli altri
figli che compongono il nucleo famigliare.
La
ricerca nasce con l’intento di colmare (sebbene non abbia una
pretesa di esaustività) il gap presente in letteratura, i cui studi
si riferiscono fondamentalmente al nucleo famigliare più stretto
focalizzato sulla relazione duale padre/madre-figlio diversamente
abile. I siblings (termine con cui in letteratura vengono chiamati i
fratelli e le sorelle dei diversamente abili) occupano un posto
marginale nella letteratura, nonostante,
“essere fratello o sorella di una persona con disabilità sia
un’esperienza determinante per ognuno di noi (fratelli) e
certamente ci accompagnerà per tutta la vita (…..). La disabilità
fa parte anche di noi, della nostra vita e delle nostre scelte
quotidiane, dall’infanzia alla vecchiaia. Fin da piccolissimi
conosciamo la diversità: spesso anche noi, come i nostri fratelli,
siamo vittime dei pregiudizi o oggetto di scherno (…). Eppure,
della disabilità, conosciamo più di ogni altro, anche le gioie: le
soddisfazioni date da conquiste comuni e la comprensione delle
difficoltà incontrate, un piccolo successo ottenuto con molta
fatica” (Lupo, 2015).
Le
ricerche che si sono occupate della relazione fra fratelli si sono
concentrate essenzialmente sugli effetti negativi che potrebbero
derivare da questi bambini disabili sullo sviluppo affettivo del
fratello non disabile. Lo scopo della ricerca condotta dalla
Cooperativa Solidarietà mira, invece, a individuare le
emozioni che un fratello normodotato nutre nei confronti del fratello
disabile, e quanto queste emozioni siano riconosciute dai genitori.
Si
intende, pertanto, verificare se, in una famiglia in cui sia presente
una situazione di disabilità legata ad un figlio, le capacità
empatiche e le competenze emotive dei genitori in relazione al figlio
non disabile fossero efficaci ed adeguate. Tale necessità origina
dal fatto che i ricercatori hanno constatato che, più del Q.I., sono
la consapevolezza emotiva e la capacità di padroneggiare i
sentimenti a determinare il successo e la felicità in tutti i campi
dell'esistenza, inclusi i rapporti famigliari. Per i genitori, questa
“intelligenza emotiva, significa essere consapevoli delle emozioni
dei propri figli, essere in grado di empatizzare con loro, di
rasserenarli e di guidarli. Per i figli ciò implica la capacità di
controllare i propri impulsi, rimandarne il soddisfacimento, motivare
se stessi, interpretare i segnali sociali che provengono dalle altre
persone, affrontare gli alti e bassi della vita (Gottman, 1998).
La
ricerca è stata condotta su un campione di 56 famiglie pugliesi
individuate dalla Cooperativa Solidarietà in quanto i loro figli
sono seguiti nel servizio di assistenza specialistica scolastica, nel
Centro Diurno Socio-Educativo e Riabilitativo per disabili “La
Locomotiva” di Binetto e “Solidarietà” di Corato.
La
ricerca prevedeva un questionario per ogni membro del nucleo
famigliare: padre, madre e figlio normodotato. Il questionario era
composto da domande a risposta multipla in cui si chiedeva alla
coppia genitoriale di rispondere a domande sulla relazione fra i
fratelli e sulle emozioni/percezioni che il figlio normodotato
provava nei confronti del fratello diversamente abile, e ai fratelli
di esprimere le emozioni e i pensieri suscitate dal fratello affetto
da disabilità.
In
conclusione veniva chiesto alla coppia genitoriale di poter scrivere
una lettera al figlio normodotato e si chiedeva al fratello
normodotato di scrivere una lettera per il fratello affetto da
disabilità.
Vengono
riportati in sintesi i risultati più significativi emersi dalla
ricerca.
Dal
grafico si evince che l'emozione prevalente individuata dalle
famiglie è l'affetto (65,4%), seguita dalla protezione, dalla
responsabilità, dalla tenerezza, dall'amore. La tristezza e la
preoccupazione permeano il tessuto famigliare in relazione al figlio
disabile rispettivamente nel 35% e nel 21% dei casi. Le emozioni
secondarie e che probabilmente sono vissute come socialmente
inaccettabili (indifferenza, vergogna, gelosia, insopportazione,
fastidio, ostilità) presentano una frequenza molto bassa.
Alla
luce di ciò è stato chiesto ai genitori di indicare l'emozione/i
che ritenevano provasse il figlio normodotato nei confronti del
fratello disabile e si è correlato il risultato con l' emozione
riferita dal figlio stesso.
Da
un'analisi più specifica, in cui vengono rappresentate le singole
emozioni così come espresse dai singoli membri del nucleo
famigliare, si possono fare osservazioni rispetto alle emozioni
riferite secondariamente:
- la pena che un figlio normodotato può provare rispetto al fratello disabile viene riferita fondamentalmente dal figlio stesso e dalla mamma, mentre il papà la individua solo nell'1% dei casi;
- la colpa è riferita solo dal figlio e assolutamente non menzionata dalla coppia genitoriale. La colpa probabilmente deriva dalla percezione di aver avuto una sorte migliore del fratello disabile e verosimilmente, da quanto emerge nel campione preso in esame, questi figli vivono in solitudine un sentimento di colpa che può generare malessere psicologico.
- la rabbia viene individuata da entrambi i genitori come emozione espressa nel figlio in misura doppia rispetto a quanto riferito dal figlio normodotato e l'ostilità viene individuata solo dalla mamma.
- Vergogna e insopportazione vengono riferite solo dalla coppia genitoriale, mentre i fratelli escludono assolutamente questa emozione in relazione al fratello disabile.
- La gelosia non viene citata dal papà, laddove la frequenza con cui viene espressa da madre e figlio sia congruente, mentre il papà ritiene che il figlio normodotato possa provare indifferenza nei confronti del figlio disabile.
- Preoccupazione e responsabilità vengono riferiti dal figlio con frequenza maggiore rispetto a quanto riferito dalla coppia genitoriale, probabilmente come risultato di un'azione o di una tendenza adultizzata da parte del fratello.
Procedendo
ad imbuto, e analizzando nel singolo nucleo famigliare la percentuale
di concordanza sul riconoscimento delle emozioni nella triade
padre-madre-figlio , si possono fare le seguenti osservazioni
generali:
Confrontando
la capacità empatica del padre e della madre in relazione al figlio
normodotato, si evince che fondamentalmente il grado di concordanza è
maggiore nella relazione madre-figlio rispetto alla relazione
padre-figlio. Nel singolo nucleo famigliare, la mamma e il figlio
concordano nell'individuazione dell'emozione in misura maggiore
rispetto a quanto concordino padre -figlio su 15 emozioni, mentre per
il padre la capacità di individuare l'emozione che il figlio prova
nei confronti del fratello disabile, risulta essere maggiore della
madre solo per 4 emozioni.
Successivamente
si è chiesto ai genitori se ritenessero di dedicare al figlio
normodotato maggiori, minori o uguali attenzione/tempo rispetto al
figlio affetto da disabilità. È stato inoltre chiesto ai figli
normodotati se ritenessero che i genitori dedicassero loro
maggiori-minori-uguali attenzione/tempo rispetto al fratello
diversamente abile.
I
papà e i figli riferiscono rispettivamente nel 62,5% e nel 73,2% dei
casi che il tempo/attenzioni dedicate al fratello disabile sia
maggiore. La mamma lo riferisce solo nel 25% dei casi.
I
figli ritengono di avere meno attenzioni del fratello nel 5,4% dei
casi, laddove la percezione di dare al figlio normodotato meno
attenzioni del figlio disabile si attesta per i papà al 26,8% dei
casi e per le mamme al 32,1% dei casi.
Le
mamme, nel 42,9 % dei casi, ritengono che le attenzioni dedicate al
figlio disabile e al figlio normodotato siano uguali, percentuale che
diminuisce significativamente al 10,7% per i papà e al 21,4% per i
figli.
È
interessante notare come questi dati cambino quando si analizza la
percezione del tempo dedicato ai figli all'interno dello stesso
nucleo famigliare.
Nello
specifico emerge quanto segue:
- padre e figlio concordano nel 41,1 % dei casi rispetto alla percezione che al fratello disabile venga dedicato più tempo/attenzioni, mentre madre e figlio concordano rispetto a questo aspetto nel 12,5 % dei casi. Se dunque è vero che la consapevolezza della propria azione pedagogica ed educativa può promuovere un cambiamento in misura maggiore rispetto a quando tale consapevolezza non è raggiunta, si può affermare che nel 87,5% dei casi le mamme non intervengono per dedicare più tempo/attenzioni ai loro figli normodotati.
- Sorprende inoltre che i papà siano su questo aspetto più empatici delle mamme. Probabilmente ciò si può spiegare con il fatto che le mamme siano più competenti solitamente sul piano emotivo, mentre i papà siano più competenti su questioni di carattere pragmatico e razionale, e che la variabile tempo/attenzioni dedicate a qualcuno siano un dato meno intimo e più oggettivabile.
È
stato chiesto alla coppia genitoriale se la vita del figlio
disabile sarebbe stata diversa (in termini di migliore qualità) se
non fosse nato il figlio normodotato e se la vita del figlio
normodotato sarebbe stata diversa se non fosse nato il figlio
disabile.
Secondo
i papà, la vita del figlio normodotato sarebbe stata diversa, e
quindi migliore, nel 66,1% (dato anche in linea con la quantità di
tempo che i papà riferiscono attribuire in misura minore ai figli
normodotati) dei casi ,mentre la vita del figlio disabile non sarebbe
stata migliore per il 64,3% dei casi.
Secondo
le mamme, la vita del figlio normodotato non sarebbe stata diversa
(62,5%). Anche questo dato è in linea con la percezione delle mamme
di riuscire a dedicare un tempo/attenzioni sufficientemente
equilibrato a tutti e due i figli. A confermare questo dato, vi è il
dato successivo per cui secondo le mamme la vita del figlio disabile
sarebbe stata qualitativamente migliore in assenza del figlio
normodotato solo nel 55,4% dei casi.
Ai
figli normodotati è stata chiesto se ritenessero se la propria
qualità di vita sarebbe stata migliore-peggiore o uguale senza la
presenza del fratello diversamente abile.
Come
si evince dal grafico, nel 50% dei casi i figli ritengono che la loro
vita senza il fratello disabile sarebbe stata peggiore, mentre il
restante 50 % del campione si attesta fra la percezione di una
qualità di vita migliore e uguale.
Quindi,
leggendo qualitativamente i risultati emersi dalla domanda rivolta ai
figli rispetto alla percezione del tempo/attenzioni dedicati dai
genitori e la domanda relativa alla percezione della propria qualità
di vita, si può osservare che, nonostante i fratelli normodotati
percepiscano di avere meno attenzioni e meno tempo da parte dei
genitori, riconoscono nei fratelli disabili una risorsa migliorativa
alla propria esistenza e questo è confermato anche dalle emozioni
positive che si riconoscono di provare quando pensano al fratello
disabile.
Questo
dato è, inoltre, congruo e coerente con quanto emerge dall'analisi
della domanda relativamente alla possibilità che il figlio
normodotato possa occuparsi di quello disabile in futuro.
Infatti,
nel 73,2% dei casi ,i figli dichiarano la propria disponibilità ad
occuparsi del fratello disabile in futuro, quando i genitori saranno
impossibilitati a farlo. Emerge quindi non solo il senso di
protezione e di responsabilità che i fratelli si riconoscevano in
relazione al fratello disabile, ma anche che la loro qualità di vita
non è inficiata dalla presenza di una disabilità.
Il
campione dei papà è esattamente tagliato a metà rispetto a questa
previsione, mentre le mamme, in maniera coerente con il dato sulla
percezione della qualità di vita del figlio normodotato (nel 62,5%
dei casi riferiscono che la qualità di vita del figlio normodotato
non sarebbe stata migliore senza il fratello disabile) riferiscono
nel 62,5% dei casi che il figlio normodotato si occuperà del
fratello disabile.
Come
detto in premessa, i risultati di questa ricerca non hanno alcun
intento esaustivo e di rappresentatività, tuttavia possono fornire
agli operatori del settore e alle famiglie la possibilità di muovere
riflessioni, in un'ottica migliorativa e propositiva.
In
generale, è necessario, alla luce di quanto emerso, aumentare la
quantità e la qualità della comunicazione all'interno del contesto
famigliare, in riferimento alla problematica della disabilità che
suscita emozioni variegate e non sempre espresse o esprimibili.
Si
ritiene utile inoltre, guardare anche con interventi di carattere
psicologico, al figlio normodotato presente in famiglia, che deve
poter contare su uno spazio psicologico in cui poter esprimere il
proprio punto di vista, evitando l'isolamento o il mutismo e
sentendosi in diritto
di essere,
e non solo di esserci.
Essere Fratello innanzitutto, e riconoscersi il diritto ad essere
ascoltato oltre che ad ascoltare.
Si
riportano alcune delle lettere scritte dai papà e dalle mamme ai
propri figli, e alcune delle lettere che i fratelli hanno scritto al
loro fratello “unico”, che possano essere per i lettori sprono
alla riflessione e occasione per avvicinarsi ad una realtà, quale è
quella della famiglia fra disabilità e normalità, che risulta
essere esperienza intrinsecamente unica.
Cara
figlia mia, è la prima volta che ti scrivo. E lo faccio con coraggio
e con timore, guardando dentro me e facendo lo sforzo di farlo con i
tuoi occhi. Non so se io sia riuscita ad essere per te il genitore
che avresti voluto, o meglio che avresti meritato. Non so se, seppur
sbagliando, io almeno ti abbia fatto sentire amata. Un genitore ha il
dovere di guidare i figli lungo il percorso della vita, un percorso
in cui pian pian il figlio comincia a camminare facendo leva sulle
sue gambe e trovando la mano del genitore, quando inciampando, fatica
a tirarsi su. So che, lungo il tuo cammino, spesso i nostri passi non
si sono incrociati e che io ho corso fondamentalmente dietro tuo
fratello, lasciando te procedere da sola, te che a volte mi
rincorrevi, a volte arrancavi, a volte trovavi in me solo un appoggio
fragile e zoppicante. E ti chiedo scusa per questo. Per non essere
stata sufficientemente presente e per aver dato la priorità a tuo
fratello, alle sue fragilità e alle sue problematicità. Più che
figlia unica, forse ti sei sentita figlia orfana, mentre io mi sono
sentita una mamma miracolata, dalla tua presenza nella mia vita.
Senza di te la mia vita sarebbe stata monca, avrei sperimentato
l'essere un genitore a metà, mi sarei sentita solo una mamma
disabile. Oggi mi sento grazie a te e a tuo fratello una mamma
“diversa” e questa differenza dalle altre mamme non mi fa più
paura...
****
Cara
figlia mia, scusami. Scusami se non mi dedico a te tutto il tempo che
vorrei e se chiedo anche a te di darmi una mano. Voglio che tu e tuo
fratello andiate sempre d’accordo. Siate uniti sempre. E io so, che
lui può contare su di te.
****
Amore
mio, io volevo il meglio per te, però purtroppo le cose non vanno
sempre come vorremmo ma l’importante è che tutto questo un giorno
passerà e tu potrai goderti tuo fratello al meglio. Io non chiuderò
gli occhi finché non farò il massimo per te e per lui.
****
Dolce
amore della mamma, volevo dirti che amo te esattamente come amo tuo
fratello. Purtroppo la vita riserva sorprese non sempre piacevoli. Il
problema di tuo fratello è arrivato come un fulmine a ciel sereno e
molte cose sono cambiate. Io stessa non sono stata più la stessa, il
mio cuore è andato in mille pezzi. Ma l’amore per un figlio spinge
sempre a trovare la forza e il coraggio per andare avanti e non c’è
nulla che non farei per voi…
****
Sono
fiera dell’uomo che stai diventando, giorno dopo giorno…
****
Figlio,
grazie a te sono uscita da un burrone profondo come gli abissi, di
colore così nero e buio che le stelle e il cielo li sognavo! Grazie
alla tua nascita tutto è cambiato! Non ero più sola. Sono rinata,
ho capito che avevo la vita dinanzi, e grazie a voi ho riso, ho
lottato. Grazie per essere nato. Grazie per esserci. Grazie per tutti
i sorrisi e le coccole che mi fai!
****
Il
bene per te è tanto, anche se spesso non si vede….vorrei che
diventassi un uomo maturo e consapevole, e spero che un giorno quando
i tuoi genitori non ci saranno più, tu possa seguire tua sorella a
cui vuoi molto bene.
****
Sei
stato tanto desiderato, come tua sorella disabile e sarai sempre al
centro delle mie attenzioni e lo sai bene. È inutile descriverti il
bene che ti voglio, per quanto pazzerello sai nei momenti giusti
essere serio. È vero che voglio caricarti di un problema molto serio
nel giorno in cui non ci sarò più (credo molto vicino) ma so anche
che non ti tirerai indietro: dovrai solo dedicare un po’ di tempo a
tua sorella, dovrai controllare che la trattino bene e con tutta
l’umanità possibile. Ti lascerò tutte le possibilità economiche
per farlo e gli insegnamenti d’amore che ti ho sempre dimostrato
con atti concreti e sappi che il mio cuore è colmo di amore per
tutti e due in egual misura.
****
Cara
figlia mia, quando sei nata ho pensato che avresti arricchito e
stabilizzato la vita di tuo fratello e non ho considerato invece,
quanto tuo fratello avrebbe arricchito e stabilizzato te. Se oggi sei
così aperta e tollerante verso gli altri, se oggi non accetti alcuna
forma di discriminazione lo devi un po’ anche a tuo fratello, che
ha insegnamento a te e a noi che ognuno è “normale” a modo suo.
****
Sono
dispiaciuta per tutte le volte che io e papà non possiamo essere
genitori a pieno con te….sappiamo che comprendi e sappiamo però
che non è giusto. Sei la nostra piccola donna….
****
Caro
figlio, la nostra, lo sai, è una famiglia speciale, con i suoi pro e
i suoi contro, come tutte. So che in molte cose siamo penalizzati, ma
vuoi mettere la nostra ricchezza? La sensibilità, i sentimenti, le
vere priorità, l’importanza di cose semplici e molto altro che tuo
fratello ci ha insegnato. Io da te desidero una cosa: usa la tua vita
al massimo, senza mai sprecarla. Tuo fratello la trascorrerà su una
sedia. Non maltrattare mai il dono che hai: la vita! E che
l’esperienza e la sofferenza di tuo fratello ti sia d’insegnamento.
****
Cara
figlia, tu sei il sole, la luce che brilla all’alba…sei raggiante
di vivacità ed un giorno camminerai per la tua strada. Ti
innamorerai di un uomo e conoscerai altre emozioni che tua sorella
non potrà mai conoscere, perché privata da chissà chi e per chissà
quale motivo. Non scordare mai di essere una donna fortunata! Sii
forte. Ti voglio bene
****
Caro
fratello mio, io ti voglio bene. Anche se hai questo problema, anche
quando parli da solo, anche quando ridi vedendomi piangere perché
non capisci le mie emozioni. Io non mi vergogno di te, anzi, alcune
volte mi dimentico che sei disabile!
****
Caro
fratello, ti voglio bene, anche se alcune volte mi fai arrabbiare.
Insieme a te mi diverto tanto a giocare a cavalluccio sul letto e a
fare le capriole. Le mie amiche non fanno questo con i loro fratelli
di 13 anni...io sono fortunata!
****
Caro
fratellino, quando ero piccola come te ho inviato una lettera a Babbo
Natale, per chiedergli di avere un fratello e sei arrivato tu.
All’inizio ero molto gelosa di te, perché pensavo che i nostri
genitori mi stessero trascurando ma poi ho capito che tu eri piccolo
e avevi bisogno di più attenzioni. Ora che stai diventando grande mi
accorgo che gli anni passano in fretta ma tu resti sempre la solita
peste che non sta mai ferma. Sei il mio unico fratello e per questo
ti voglio ancora più bene di quanto chiunque possa pensare e sappi
che su di me potrai sempre contare.
****
Cara
sorella, ti scrivo sebbene tu non potrai leggere mai questa lettera.
Ma spero che al di là delle parole, di cui spesso non capisci il
senso e l'utilità, ti sia arrivato in questi anni di vita il mio
essere “presenza” vigile, costante e appassionata nella tua vita.
Spesso, mi sono ritrovata io nell'ombra, nel silenzio, all'angolo,
mentre tu, anima e corpo, eri sotto i riflettori della nostra
famiglia. Mi sono spesso sentita esclusa da questo rapporto speciale
che c'era fra te, la mamma e il papà. Sembrava che io fossi di
troppo, che io rubassi tempo ed energie ai nostri genitori, presi da
te, dalla tua disabilità. Non ho mai pensato che sarebbe stato
meglio se tu non fossi nato. Piuttosto ho pesato spesso che sarebbe
stato meglio se io non fossi nata....perchè mi sentivo in colpa. A
me era andata bene! I miei geni non erano ereditariamente “malati”
e io mi sentivo quella “ingiustamente fortunata”. Ricordo che
spesso non raccontavo dei miei successi a scuola, delle cose in cui
riuscivo: mi sembrava di rubarti qualcosa, e temevo che i nostri
genitori si rendessero conto ulteriormente della differenza tra te e
me, differenza che c'era oggettivamente, ma che, se avessi potuto,
avrei azzerato. Spesso ti lasciavo vincere nei nostri giochi: volevo
che fossi tu il vincitore, che assaporassi anche tu il gusto del
traguardo. Ma a te non importava nulla. Non capivi neanche il senso
del nostro batterti le mani e urlarti bravo. Ma io mi sentivo più in
pace con me. Con gli anni ho capito che in realtà tu hai vinto: hai
vinto la sfida più grande: quella di essere al mondo, quella di
catturare la dolcezza (e non la pietà e la pena) della gente che ti
ha visto crescere, che tu hai vinto insegnandoci che ci sono rapporti
di autentico amore che vanno oltre le parole, la fisicità, il
potersi raccontare...io ti amo e tu mi ami anche se non ce lo siamo
mai potuto dire, ma questo bene, come acqua effervescente, scorre
nelle nostre vene e io, oggi, ragazza di quasi 20 anni, non potrei
farne a meno!
****
Caro
fratello, quando eri appena nato, mi ricordo che mamma dedicava molte
più attenzioni a te che a me: ti prendeva in braccio, ti coccolava,
ti difendeva sempre quando mi rubavi i giocattoli e non ti sgridava
mai, e tutto questo mi faceva molta rabbia. Sono sempre stata gelosa
di te e dell’affetto così grande che mamma provava per te per via
della tua malattia e dopo che nostro padre è morto mi ero quasi
convinta che nessuno mi avrebbe amato tanto quanto te. Ora che sono
adulta non mi pongo più questi problemi, ma per una bambina sono
comunque esperienze che segnano. Potrei anche sembrarti un’egoista,
e avresti perfettamente ragione, ma il fatto è che sono molto
dispiaciuta dal fatto che non sono mai riuscita a stabilire un
rapporto fratello-sorella con te, forse anche a causa della tua
malattia. O forse per colpa mia che non sono una persona paziente e
non riesco mai a legarmi a nessuno in particolare. Ora non me la
sento di dirti che avrei voluto avere un fratello o una sorella
normali, solo avrei voluto che tra di noi si fosse creato un legame
profondo che ci avrebbe uniti in tutto e per tutto, ma purtroppo così
non è stato e mi piacerebbe molto ricevere un aiuto da parte tua o
di qualcun altro per lasciarmi entrare nel tuo mondo e far sì che la
nostra situazione cambi. Con affetto.
****
Per
anni mi sono sentita “figlia unica”. Non avevo due occhi che
incrociassero i miei, non avevo una sorella a cui dire ciao, perché
tu vivevi nel tuo mondo, ferma, immobile, senza che nessuno ti
svegliasse da quel torpore che sembrava invaderti l’anima. Non
osavo neanche chiedere a mamma e papà di “regalarmi” un altro
fratello, perché sapevo che avrebbero capito che non ero
“soddisfatta” di te e che avrei dato loro una delusione e li
avrei fatti sentire “falliti”, come loro spesso si appellavano. …
Col tempo ho imparato ad interagire con te e credo oggi di poter dire
che non sono io la figlia unica ma tu la figlia unica. Unica perché
sei speciale! Unica perché sei inconfondibile! Unica perché nessuno
potrà mai sostituirti nella mia vita e nella vita delle persone che
hanno avuto la fortuna di incrociare, anche per pochi secondi, il tuo
sguardo perso ma così dolce da lasciare il segno: il segno della tua
esistenza!
****
Caro
fratello, è tuo fratello che ti scrive. Io vorrei dirti che provo
come un piccolo senso di colpa per la tua disabilità. Ora io ti
proteggo e ho un forte senso di responsabilità, perché nonostante
tu sia il fratello maggiore, tu sei più piccolo di me. Io ti
consiglio di affrontare questa vita senza attraversare momenti tristi
e senza trovare ostacoli. Ti voglio bene.
****
Caro
fratellone, per alcuni anni sei stato una “palla al piede” per
me. Da piccolo quando mi seguivi ovunque andassi, ti ho anche odiato.
Dovevo correrti dietro quando andavi in bici con la testa bassa….
Crescendo, grazie a mamma e a chi ti ha voluto bene, sei migliorato
tanto e ancora oggi mi dimostri che puoi fare sempre di più. Ho
tanta fiducia in te e ora ti guardo con occhi diversi…ti voglio
bene e non riesco ad immaginarti diverso da come sei. Forse riesco ad
immaginare di più come sarei stata io se tu fossi stato diverso.
Probabilmente non avrei avuto l’apertura mentale che ho adesso.
Stare vicino a te mi aiuta molto a uscire dai finti problemi che
spesso mi creo, sei la mia ispirazione. Ti voglio un bene immenso.
****
Quando
sei nato ancora non sapevamo del brutto scherzo giocatoci dal
destino, ma ricordo benissimo la gioia con cui ti abbiamo accolto. La
stessa che si è trasformata in paura quando sono cominciate le
difficoltà, i ricoveri, le tensioni che la situazione ci ha sbattuto
in faccia. Ero piccola, ma capivo benissimo che tu eri “diverso”
e ricordo che la sera, mentre dormivi, ti venivo ad osservare: un
momento tutto nostro: li sparivano i problemi, con gli occhi colmi di
un amore profondo che ti scrutavano nel sonno e in quei momenti ho
iniziato ad innamorarmi della tua diversità. Ho iniziato a covare in
me un senso di protezione indescrivibile nei tuoi confronti, ho
capito quanto fossi vulnerabile e quasi indifeso in questa vita
amara. Ho avuto difficoltà crescendo nel comprendere i tuoi
atteggiamenti fuori dal comune, le tue dimostrazioni d’affetto
“personalizzate”. Ci siamo scontrati su più fronti io e te, come
fanno i fratelli tra l’altro. Perché tu per me sei questo: un
fratello, non un disabile. Percorso inevitabile per giungere
all’oggi. Le tue fragilità hanno fatto rafforzare il mio carattere
annullando le mie, le tue sofferenze le vivo quasi in prima persona e
purtroppo non riesco a far sì che nulla possa turbarti. Per te
vorrei il meglio, sempre. Ma so che non è mai abbastanza. E mi devi
scusare se non sono abbastanza. So che soffri molto perché vorresti
che la tua vita fosse normale, ma so anche che sei stato tanto forte
da accettare te stesso per quello che sei, perché nonostante tutto
sai che non ti manca nulla, che per noi la tua diversità non fa la
differenza. Il futuro lo affronteremo insieme, uniti, e nessun
ostacolo sarà insormontabile…ti voglio bene. Non dimenticarlo.
Queste
sono solo alcune delle lettere, delle riflessioni, dei pensieri dei
genitori e dei fratelli che hanno risposto alla ricerca.
Sono
quei genitori che hanno vissuto una genitorialità “unica”, non
battuta da strade consuete, ma da inventarsi quotidianamente, nel
faticoso compito di mantenere l'equilibrio fra figli spesso
intimamente e completamente diversi fra loro . Genitori che nelle
righe che sono riusciti a buttare giù, fra la fatica del cuore e del
pensiero, sono in cammino, e che si muovono tra curiosità,
paradossi, continua ricerca di senso e di orientamento, condivisione,
riconoscimento delle proprie debolezze e slancio verso il proprio
dover essere. Dover essere genitore di un figlio diversamente abile e
genitore di un figlio normodotato.
E
sono quei sibling, fratelli e sorelle, prima ancora che fratelli e
sorelle di un diversamente abile. Bambini, adolescenti, giovani
adulti, che spesso si sono trovati disorientati nella propria vita
dalla vita del proprio fratello, in difficoltà nel darsi e nel
riconoscersi un posto nel mondo famigliare. Giovani fratelli chiamati
ad esserci e ad essere, in un precario equilibrio in fieri fra se
stessi e il proprio fratello. Fratelli che hanno potuto condividere
il proprio vissuto, altri che hanno vissuto senza condividere, perché
le emozioni, quelle intense e primarie, quelle di cui si intringe
ogni rapporto fraterno, a volte dirompono e sono difficili da
contenere, da arginare, da elaborare, da esprimere. Loro ce l'hanno
fatta, e come loro, in molte altre famiglie, aleggiano voci flebili o
più tenaci, la voce di chi parla per sé, a sé, di sé, del proprio
fratello, e che tesse le maglie della propria vita e del proprio
futuro e che porta, sulla coda del suo tempo, non un fratello ma il
Fratello e , come dice L. (sorella 7 anni) “se avessi un fratello
diverso, lo vorrei uguale a lui”.
E
se come dice Terzani, «la storia esiste solo se qualcuno la
racconta», questo grumo di pensieri “amati e armati” rompe il
senso di solitudine e di spaesamento, e diventano parole in circolo,
nella trama famigliare. Uniche, pertanto, sono quei figli e quelle
famiglie che accettano la sfida di alzarsi e di mettersi in cammino,
che non si sono perse nei meandri dei “Perchè'”, ma che
rispondono a quei perchè nell'azione quotidiana, re-immaginando i
confini di una famiglia ideale, guardando oltre i crinali della
disabilità.